IL DOLORE NASCOSTO DELLE DONNEOggi il dolore cronico colpisce il 15% delle donne in età fertile e la
percentuale sale fin quasi alla metà in quelle in menopausa (44%). Con
gravi ripercussioni sulla qualità di vita, sul sesso e sulla coppia.
Occore che le donne ne parlino e che i medici riconoscano il disturbo. Lo considerano un segreto da tenere per sé. Le donne sopportano il
dolore a tal punto che fare l’amore diventa una sofferenza per una su
sette. I medici parlano di ‘dispareunia’, un termine tecnico che
definisce un dolore cronico molto diffuso. Oggi ne soffre il
15% di chi è in età fertile e la percentuale sale fin quasi alla metà
in quelle in menopausa (44%). Con gravi ripercussioni sulla loro qualità
di vita e sulla coppia. “Nasce perché da infezioni recidive da candida o
pelviche, endometriosi, iperattività del muscolo che circonda la
vagina, stipsi fin dall’infanzia. Ma – spiega la professoressa
Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia del San
Raffaele Resnati di Milano - che al dolore della donna ha dedicato la
Fondazione che porta il suo nome – all’origine del disturbo non ci sono
soltanto fattori biologici ma anche psicosessuali”. Paure, inibizioni
educative o disturbi d’ansia, possono impedire alla donna di vivere con
serenità la propria fisicità. E così diventano fonte di dolore anche i
rapporti sessuali senza i preliminari frettolosi, i conflitti col
partner e la scarsa compatibilità anatomica. Per far luce su questo intimo disturbo la Fondazione Graziottin e l’Associazione Italiana Vulvodinia organizzano a Milano il primo corso nazionale di formazione. Perché troppo spesso il problema esiste perché i medici non riconoscono il disturbo e sottovalutano il dolore femminile. “Si tratta di problemi frequenti – continua la Graziottin – ma che sono tabù anche per ginecologi e medici di famiglia. Non esiste una cultura specifica per affrontare il dolore sessuale in modo rigoroso e mirato e vi è una scarsa attenzione a tutti quei disturbi “di genere” direttamente o indirettamente correlati alla sessualità femminile e che spesso le donne faticano a confessare. Trascorrono in media 6/7 anni prima di giungere a una diagnosi”. Insomma ci sono “campanelli d’allarme” a tutte le età che vanno colti e indagati. Soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, perché soltanto in questo modo è possibile intervenire precocemente. Ma quali sono i segnali da non sottovalutare? “La difficoltà ad inserire il tampone interno, spesso dovuta non alla scarsa dimestichezza ma ad un ipertono muscolare o a un imene troppo stretto o rigido - spiega la Graziottin -. E se la “prima volta” circa i due terzi delle ragazze sente male, nelle occasioni successive il dolore durante la penetrazione non deve più verificarsi. Anche alcuni consigli pratici possono essere d’aiuto. Come indossare biancheria intima di cotone bianco, preferire le gonne, usare protezione intima in fibre naturali, detergenti a pH 5, non profumati. In caso di vulvodina, cioè la sensazione dolorosa cronica che interessa la regione vulvare, bisogna evitare esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione, come la bicicletta”. Le donne devono imparare a conoscersi e a riconoscere il proprio dolore. Spesso i fattori in gioco sono di natura diversa ma contemporanei: la sindrome della vescica dolorosa, quella del colon irritabile, ma anche fibromialgia e cefalea, dolori pelvici e addominali, muscolari, sono tutte situazioni che hanno in comune uno stato infiammatorio che va affrontato in modo multidisciplinare. “Fra i momenti di particolare vulnerabilità nella vita sessuale – continua la Graziottin – vi sono l’adolescenza, quando la più elevata promiscuità e le scarse competenze rendono le ragazze più a rischio di infezioni e altre malattie, la menopausa, che priva le donne dell’azione positiva degli estrogeni sul desiderio, e il parto”. In particolare, a 6-8 settimane dalla nascita del bambino, il tempo che trascorre in media prima della ripresa dei rapporti sessuali, circa la metà delle mamme riferisce dispareunia. Dopo 6 mesi viene riportata da una su quattro ed è ancora presente nell’8% dopo un anno. Altra fase da seguire con estrema attenzione è la scelta contraccettiva: “Talvolta gli anticoncezionali ormonali vengono ‘accusati’ di essere nemici della sessualità e del desiderio – conclude la Graziottin – ma molto spesso si tratta di una colpevolizzazione ingiustificata. È molto più semplice identificare nella pillola l’origine di un disagio piuttosto che risalire a quali sono i disturbi e le comorbilità che possono provocare dolore e secchezza. È un’alleata dell’endometriosi, un disturbo molto invalidante che colpisce tre milioni di italiane. E di tanti problemi al femminile”. E anche in questo caso, il dialogo medico-paziente è fondamentale per affrontare in modo appropriato anche le implicazioni sessuali della contraccezione e massimizzarne gli effetti. FONTE: Repubblica Salute - di Adele Sarno |