Sono giovani. Sono
sessualmente attivi, ma terribilmente disinformati sulle malattie che
si possono contrarre durante l’atto sessuale, sull’importanza
dell’individuazione precoce dopo l’eventuale contagio e sui metodi di
protezione/prevenzione. Tale disinformazione, secondo i sanitari del
Burlo, sta portando a una preoccupante ascesa di alcune infezioni come
quelle batteriche da Clamidia e virali da virus del Papilloma. E’
questo il quadro che emerge da uno studio pluriennale compiuto dalle
S.C.U. di Clinica Ostetrica e Ginecologica e di Igiene e Medicina
Preventiva dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste che dal 1994, con un
ambulatorio addetto alla raccolta dei tamponi vaginali, ha effettuato
oltre 15.000 visite, lavorando cinque giorni su sette.
“L’attività di monitoraggio sulle malattie sessualmente trasmissibili – dice Francesco De Seta, ricercatore universitario presso il Burlo Garofolo – sta
diventando una parte essenziale del nostro lavoro. Negli ultimi tre
anni abbiamo avuto 3000 nuovi accessi (quasi tre al giorno)
riscontrando una profonda ignoranza su quali siano le principali MST e
su come si contraggano. Abbiamo potuto constatare come l’età del primo
rapporto si sia abbassata notevolmente: dalle dichiarazioni di 1030
pazienti emerge che il 10% inizia l’attività sessuale prima dei 15 anni
e il 55,3% fra i 16/18, un comportamento che crea le premesse per nuove
dinamiche nella trasmissione di patologie a carattere sessuale”.
Tra i falsi miti degni di nota diffusi tra giovani in età scolare
(dalla scuola media in poi) c’è l’idea che l’infezione più pericolosa,
e in alcuni casi l’unica, sia quella del virus HIV e che questa
interessi solo chi fa uso di stupefacenti; o che la pillola protegga
dal contagio sessuale; e ancora, che l’epatite B e C non abbiano nulla
a che vedere con i rapporti sessuali. “Preoccupanti – prosegue De Seta – gli
aumenti di vaginosi batteriche, che pur non essendo propriamente MST,
alterano l’ecosistema vaginale rendendolo più suscettibile ad altre più
gravi infezioni. Dal 14% di campioni positivi registrati nel 2005 siamo
passati al 20 per cento del 2008, mentre per i micoplasmi (altro genere
di batteri) si è passati dal 22,80 al 32 per cento circa.”
Una delle infezioni più sottovalutate, però, è la Clamidia, provocata
dal batterio Chlamydia trachomatis, che di solito non dà sintomi e che
perciò può agire indisturbata fin dall’adolescenza causando, in epoca
riproduttiva, seri problemi di infertilità alle giovani che desiderano
un figlio.
I dati sono significativi: su 701 campioni analizzati 26 sono risultati
positivi a questo batterio e questo definisce una prevalenza del 3,7
per cento (la prevalenza è il n. di casi diviso la popolazione totale).
Tale percentuale merita ancora più attenzione se si considera che la
prevalenza sale all’11% quando il campione è formato solo da ragazze al
di sotto di 25 anni (13 casi su 115 soggetti testati). “Possono sembrare numeri trascurabili – puntualizza De Seta – ma
non lo sono, proprio perché l’infezione – che non dà disturbi tangibili
e dunque non viene individuata se non dopo molti anni, quando compaiono
le prime difficoltà nel concepimento - si contrae con rapporti sessuali
in giovane età quando per ragioni anatomiche, immunologiche e
comportamentali è più facile essere esposti. Sicuramente, numeri più
ampi potranno confermare o no tale nostro allarmismo. Tuttavia,
leggendo dietro a questi dati si capisce quanto siano misconosciute e
mal utilizzate le tecniche di contraccezione”.
A conferma di quanto detto ci sono i numeri sulla contraccezione
raccolti in questi anni al Burlo: 629 ragazze su 1030 (61%) non usano
alcun metodo contraccettivo mentre solo 88 (9%) usano un metodo
barriera come preservativo o diaframma, il solo capace di prevenire il
contagio con malattie sessualmente trasmissibili. E anche in seguito,
raggiunta l’età adulta, una parte consistente delle giovani donne
seguite dal Burlo continua a vivere la propria sessualità in modo
irresponsabile, trascurando misure semplici come l’uso del
preservativo, che da solo potrebbe prevenire in maniera consistente
l’acquisizione MST.
“Continuare un’opera di informazione capillare – conclude De Seta - è
quel che il nostro Istituto, assieme alle altre realtà operative sul
territorio, intende fare. Anche se per massimizzare i risultati si
dovrà pensare necessariamente a riorganizzare e ufficializzare i
servizi finora erogati spesso senza adeguato sostegno politico e
finanziario”.
FONTE: CLICMEDICINA