La divisione di Ostetricia e ginecologia dell'Ospedale "Sacro Cuore di Gesù" di Gallipoli.“Gallipoli. Il sindaco si mobilita: al
lavoro per salvare Ostetricia”. “Medico trasferito e ostetricia al collasso.
Occupazione al Sacro Cuore”. “Politici in corsia per i punti nascita.
Ascoltare le voci dei territori”. “Basta scippi. No secco alla chiusura
di Ostetricia di Gallipoli” “La Regione
diffida le Asl di Brindisi e Lecce: chiudete quei punti nascita”. “Vertice al Sacro Cuore di Gallipoli.
Battaglia al Tar e in Regione per Ostetricia”.
“Tagli al Sacro
Cuore, Comitato e politici pronti alla protesta in strada”.
Sono solo alcuni dei numerosi titoli apparsi negli
ultimi anni sui quotidiani locali che stanno seguendo le vicende legate alla
sopravvivenza del punto nascita di Gallipoli. Il reparto di Ostetricia e
Ginecologia della città salentina, infatti, è uno di quei servizi sanitari che gli
amministratori regionali hanno individuato come bersaglio di una possibile
chiusura per rispettare le previsioni del piano di rientro del deficit
sanitario. Ad ogni notizia diffusa dai media le reazioni sono immediate. I
politici locali di ogni fazione si oppongono energicamente a tale decisione e fanno
dell’argomento il cavallo di battaglia delle loro campagne elettorali. I
cittadini, invece, riuniti in vari comitati pro-ostetricia, protestano
fermamente perché vogliono che i loro figli, con il primo vagito, respirino la
salsedine della “perla dello ionio”. Tra le voci che si sono alzate in difesa
dell’ospedale, c’è quella di un utente del web il quale, con lo pseudonimo di
Riflessione Salentina, ha commentato così uno degli articoli summenzionati: “L'Ostetricia di Gallipoli ha una storia
istituzionale che merita attenzione. Era il punto di riferimento per l'intera
provincia. Teniamoci stretta la nostra storia.” Una
storia che questo utente sicuramente conosce, ma che probabilmente non è nota a
molti, neanche a coloro che si battono in difesa dell’Ospedale. Questa
storia ha inizio nel 1946, si intreccia con la storia personale e professionale
del Prof. Luigi Coppola, e sicuramente merita di essere raccontata perché, pur
sviluppandosi in una provincia meridionale del dopo guerra, nel suo piccolo
rappresenta un bel capitolo della storia della medicina pugliese. Luigi
Coppola nasce ad Alezio, a pochi chilometri da Gallipoli, nel 1906. Terminati
gli studi classici si avvia allo studio della Medicina a Napoli dove ottiene la
Laurea con il massimo dei voti nel 1932. Diviene subito Assistente
Universitario presso l’Università di Roma dove si specializza in Ostetricia e
Ginecologia nel 1938 sotto la guida di due indiscussi maestri della moderna
ostetricia italiana, il Prof. Pestalozza prima ed il Prof. Gaifami poi. Nel
1940 diventa Aiuto di Ruolo Universitario della Scuola Ostetrica de L’Aquila,
dipendente dalla Clinica Ostetrica di Roma. La sua crescita accademica, però, viene
bruscamente interrotta dalle vicende belliche: nel 1942 è richiamato alla armi
ed inviato in Grecia, mentre nel 1944 i bombardamenti di Roma causano la morte
prematura del suo maestro, Prof. Gaifami, e la disgregazione della Scuola
Ostetrica da egli diretta. Trascorre gli anni del conflitto mondiale nell'isola
di Creta con il grado di Maggiore Medico, assumendo il ruolo di Direttore dell’Ospedale
Presidiario della Marina Militare. Qui conosce Umberto Bologna, un giovane
tenente medico che si occupa di urologia ginecologica (e che oggi è ritenuto
uno dei maestri che pose le basi di questa disciplina). Insieme, su incarico
delle autorità militari, si adoperano in numerosi interventi di alta chirurgia
ginecologica alla popolazione civile dell'isola. Rimpatriato dopo l'armistizio,
Luigi Coppola fa rientro in Puglia dove gli viene affidata la direzione
dell'Ospedale della Marina Militare di Alberobello e dove inizia a lavorare tra
le inevitabili difficoltà logistiche di un’Italia meridionale post-bellica e
quelle che derivano da una cultura medica locale che individua solo nei
chirurghi i detentori assoluti della sala operatoria, anche in campo
ginecologico. Qui, inizia praticare l’arte ostetrico-ginecologica con la
modernità che aveva appreso dai maestri di Roma e che aveva fortificato con le
esperienze di chirurgo di guerra. In poco tempo, aiutato anche dal suo carattere
docile, incomincia ad affermarsi come ginecologo di riferimento per la
popolazione, tanto che da tutta la regione le donne iniziano a raggiungere la
città dei trulli per essere curate. Sebbene
le informazioni all’epoca non viaggiassero con la stessa velocità di oggi, la notizia
della presenza in Puglia di un ginecologo dotato di grandi qualità giunsero
fino all’allora Presidente dell’Ospedale di Gallipoli, Saverio Montuori.
Quest’ultimo inizia un’opera di convincimento affinché Coppola apporti al nosocomio
gallipolino la sua esperienza, come aiuto dei locali chirurghi. Coppola accetta
la proposta, ma pone una condizione: lavorare in autonomia dai chirurghi e avere
la possibilità di creare un vero e proprio reparto dedicato alla salute della
donna, esattamente come quello in cui aveva avuto modo lavorare quando era di
ruolo all’Università di Roma e poi a L’Aquila. La sua richiesta viene accolta e
così, nel 1946, a seguito di una delibera del Presidente Montuori, approvata
dalla Prefettura di Lecce, viene nominato primario provvisorio del neonato
servizio di ostetricia e ginecologia di Galipoli. Un reparto che rappresenta
una novità assoluta nel panorama della sanità pugliese, tant’è che, come documentato negli Atti della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia[1],
risulta essere il primo in assoluto di ruolo ospedaliero istituito in Puglia. I
rendiconti clinico-statistici del primo anno di attività del reparto (1946-1947)
dimostrano un periodo iniziale di lavoro molto intenso e
florido in relazione all’epoca storica e al contesto in cui svolgeva l’attività.
L’ospedale, in totale si trova ad affrontare 1.535 ricoveri, di cui un quarto proprio
nel reparto di Ostetricia e Ginecologia. Vengono condotti 179 interventi ginecologici
con una mortalità pari allo 0% ed una morbilità operatoria dello 0,72%. Tali
dati sono stati oggetto di pubblicazione da parte del Prof. Fortunato Montuoro,
il quale sulla Rivista di Ostetricia e
Ginecologia Pratica, a proposito delle piccole realtà ginecologiche
italiane scrive “i piccoli centri hanno
la mia più viva attenzione per tutte le difficoltà che devono essere superate
(ambienti, assistenza, deficienza di letti, scarse disponibilità di mezzi).
Bisogna convenire che impiantare un reparto a Marsala, Gallipoli, Castelvetrano
è molto più difficile che a Firenze, Napoli, Messina. Prima di poter eseguire
una laparotomia in un piccolo centro occorre creare almeno due assistenti per
la narcosi e per l’assistenza diretta. In effetti le difficoltà che Coppola ha
dovuto superare sono straordinarie e questo accresce il valore della sua
piccola ma interessante statistica. Ad ogni modo le statistiche che verrò
pubblicando diranno quali grandi risultati si possono ottenere quando a capo di
un reparto ostetrico ginecologico c’è uno specialista innamorato della propria
disciplina e desideroso di mostrarne l’utilità, la grandezza e la bellezza.” [2] Per
superare queste difficoltà il primario Coppola inizia a mettere in atto una
serie di strategie che riguardano innanzitutto la formazione del personale in
tema di assistenza prenatale e di psicoprofilassi ostetrica. All’epoca,
inoltre, vigeva il costume di affidare al chirurgo stesso, o all’infermiere di
turno, la gestione della narcosi attraverso l’apposizione di uno stantuffo di
etere a mo’ di mascherina. Il Prof. Coppola insiste affinché uno dei medici più
validi di Gallipoli, Cosimo Cataldi, si specializzi in Anestesia. Questi
accetta dando un impulso di modernità anche sotto il profilo anestesiologico e
contribuendo in maniera significativa all’ampliamento dell’offerta
assistenziale dell’Ospedale. Il
decennio successivo (1948-1957) è caratterizzato da quotidiane preoccupazioni
inerenti ad adattamenti di fortuna e di emergenza. Si disponeva di una grande
corsia con 30 posti letto per la ginecologia e di un camerone con 12 letti per
l’ostetricia; in una piccola sala adibita a sala parto si praticavano anche
raschiamenti e interventi di piccola ginecologia; una stanza veniva utilizzata
per le accettazioni, le medicazioni e le visite ambulatoriali; per gli
interventi laparotomici, invece, si era ospiti della chirurgia. Malgrado ciò il
reparto, grazie alla caparbietà del primario e di medici come Cataldi e del
sopraggiunto aiuto ginecologo Dante Errico, ebbe un progressivo incremento di
attività come si rileva dalle statistiche pubblicate ancora una volta sulla Rivista d’Ostetricia e Ginecologia Pratica[3]:
complessivamente 7.602 ricoveri e 12.288 accessi ambulatoriali. In
questo periodo, lottando contro la suscettibilità delle levatrici e dei medici
stessi, Coppola porta avanti un’intensa e persuasiva opera di informazione e
convincimento sull’importanza del parto in ospedale, in un periodo storico in
cui il parto domiciliare era gravato da un alto tasso di morbilità e mortalità
materna e neonatale. I decessi materni ospedalieri a Gallipoli erano spesso
conseguenza di questa situazione poiché le donne venivano ricoverate d’urgenza
a seguito di complicanze di procedure domiciliari (rottura d’utero, emorragia
post-partum, sepsi da aborto criminoso, etc.). Il parto domiciliare non era
appannaggio solo delle classi meno abbienti, ma era sostenuto anche dal
tradizionalismo delle nobili famiglie. In una pubblicazione del 1969, Coppola denuncia
che: “... i vecchi [nobili] esigono che
il parto avvenga nell’ambiente patriarcale, senza alcun portato della moderna
assistenza, neanche di un po’ di ossigeno da somministrare in travaglio o da
tenere a disposizione per un’eventuale ipossia fetale: però non deve mancare
tutto l’entourage di servizio, con gli esorcismi e le icone”[4]. Sempre nel
decennio 1948-1957, in campo ginecologico, con 438 interventi laparotomici di
ogni tipo e 2.027 ostetrici - di cui 465 cesarei con tecnica moderna – Coppola supera le
resistenze iniziali dei colleghi chirurghi generali che in tutti gli ospedali del
regione detenevano il dominio incontrastato della sala operatoria. Per
l’impegno profuso in quegli anni, viene ricordato ancora oggi per essere stato
uno dei primi ginecologi a praticare il taglio cesareo in Puglia e per aver
contribuito a ridurre drasticamente l'applicazione spesso traumatizzante del
forcipe e l'estrazione del feto previa craniotomia nel caso di mancata
procidenza. Il
notevole incremento di attività in campo ginecologico di questo periodo, nel
frattempo, stimola l’amministrazione ospedaliera a creare una divisione di
ostetricia e ginecologia completamente autonoma dal punto di vista
organizzativo e strutturale. Vengono quindi allestiti ambienti razionali dedicati
alle singole attività ginecologiche e dotati delle più moderne attrezzature per
l’epoca. Un
reparto così completo e innovativo per l’epoca meritava che la figura di primario
provvisorio venisse sostituita da quella di primario di ruolo. Pertanto viene indetto
pubblico concorso ed è naturale per Coppola aggiudicarsi tale nomina, non solo
per le competenze scientifiche maturate nel corso degli anni, ma anche “per aver espletato il servizio con piena
soddisfazione dell’Amministrazione e con competenza, diligenza e zelo, tale da
incrementare notevolmente l’afflusso di degenti nel Reparto.”[5].
Nel 1957, insieme all’inaugurazione della nuova e autonoma Divisione di
Ostetricia e Ginecologia, viene attivato anche uno dei primi Reparti Immaturi della
Puglia ed istituito, su solerte iniziativa del Prof. Debiasi, un centro di
preparazione psicofisica al parto naturale. Nel
1976, con il termine del suo mandato trentennale di primario, la statistica
operatoria dell'Ospedale di Gallipoli raggiunse cifre da record per quegli
anni. Sono documentati, infatti, circa 45.000 interventi di chirurgia
ginecologica e oltre 3.000 tagli cesari. Quale riconoscimento della sua
operosità, nel 1996, quando era ancora in vita, la ASL di Lecce e
l'amministrazione ospedaliera hanno voluto intestare a Luigi Coppola il reparto
di Ostetricia e Ginecologia del nuovo Ospedale della cittadina ionica, di cui
egli stesso pose la prima pietra nel 1971 e partecipò alla progettazione
secondo standard moderni. Credo
che sia questa la “storia istituzionale”
su cui quell’anonimo utente del web voleva attirare l’attenzione commentando le
notizie a proposito della chiusura dello storico punto nascita di Gallipoli. Ad
oggi i gallipolini, nonché gli abitanti dei paesi limitrofi, non sanno ancora se,
a causa delle comprensibili ipotesi strategiche volte ad un risparmio in
termini di spesa sanitaria, le future generazioni dell’arco ionico-salentino
potranno nascere ancora accompagnate dalle onde del mare. Certo è che Gallipoli
può vantare una storia significativa nel campo della storia della ostetricia e
ginecologia. E si spera che non venga dimenticata. “Teniamoci
stretta la nostra storia.” [1]
Atti della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia. “La Ginecologia in
Italia”. Supplemento al Vol. XLVIII (1963) [2] Montuoro
F.: Attività dei reparti
ostetrico-ginecologici italiani. Rivista d’Ostetricia e Ginecologia
pratica. Anno XXX, n.1 (1948) [3] Rendiconto clinico-statistico per il
decennio 1948-1957 del Reparto ostetrico-ginecologico dell’Ospedale Civile di
Gallipoli. A cura di F. Montuoro. Rivista d’Ostetricia e Ginecologia
pratica. Anno XL, n.1 (1958) [4]
Coppola L.: La psicoprofilassi ostetrica deve anzitutto bonificare i personale
di assistenza e le istituzioni. Aggiornamenti in Ostetricia e Ginecologia, Vol
2, n° 10-12, pag 363-364 (1969) [5]
Deliberazione dell’Assemblea Consorziale dell’Ospedale di Gallipoli n°31 del
05/12/1953) |